CAMBIARE LE LIRE IN EURO? BISOGNAVA AVER FATTO RICHIESTA A INIZIO 2012

L’ampia maggioranza dei 1,2 miliardi di euro che hanno mantenuto la forma delle vecchie lire perché non sono stati convertiti in tempo sono destinati a rimanere tali per sempre. Per farseli cambiare ex post, infatti, bisognerebbe presentarsi in banca portando la documentazione della richiesta in forma scritta fatta in tempo utile, cioè entro il 28 febbraio 2012, oppure una dichiarazione relativa alla mancata effettuazione del cambio da parte della filiale della Banca d’Italia, a patto che siano state controfirmate dal personale dell’Istituto sempre entro il 28 febbraio 2012.

Lo comunica Bankitalia, che chiude in questo modo una vicenda accesa a novembre da una sentenza della Consulta (la 216 del 2015) che aveva bocciato il blocco «a effetto immediato» della conversione deciso dal Governo Monti.

Per capire i termini della vicenda bisogna ripercorrere le tappe fondamentali delle regole sulla lira ai tempi dell’euro. La moneta nazionale ha abbandonato la circolazione il 28 febbraio 2002, dopo due mesi di vita parallela con l’euro: da quella data è partito il conto alla rovescia per il termine di dieci anni entro il quale gli italiani che avessero ancora in tasca banconote con i volti di Maria Montessori, Vincenzo Bellini o Alessandro Volta avrebbero potuto bussare agli sportelli della Banca d’Italia per cambiarle in euro.

A dicembre 2011, e quindi a tre mesi dalla scadenza naturale dei termini per la conversione, nelle misure messe in campo dal Governo Monti nel decreto «salva-Italia» scritto nel tentativo di spegnere la febbre della finanza pubblica sono state coinvolte anche le lire, con lo stop immediato alla possibilità di cambiarle in euro. Di qui il ricorso avviato da alcuni cittadini milanesi, arrivato poi in Corte Costituzionale.

La sentenza aveva fatto rumore, facendo ipotizzare ad alcuni il rischio che i titolari dei 1,2 miliardi di euro rimasti lire potessero tornare a chiedere il cambio: un problema non da poco per i bilanci pubblici, anche perché nel frattempo quei soldi erano già stati versati da Monti al fondo di ammortamento dei titoli di Stato. La Corte però, come aveva spiegato del resto lo stesso avvocato dei ricorrenti Marcello Pistilli intervistato dal Sole 24 Ore del 7 novembre, aveva cancellato dall’ordinamento lo stop imposto dal «salva-Italia», e non la scadenza ordinaria decennale del 28 febbraio 2012. Su questa lettura poggia anche il comunicato della Banca d’Italia, che quindi chiude la porta alle richieste di chi ha ancora le lire nel cassetto ma non ha cercato vanamente di cambiarle nei primi due mesi del 2012.

 

Fonte: Gianni Trovati – Il Sole 24 Ore 25.01.2016